giovedì 17 aprile 2014

Manifesto del compensazionismo scritto nel 1976

Scrisse Mario Agrifoglio:
"Coniai questo termine attorno al 1964 stimolato da problemi sociali, ragionando sull'eterna disputa delle fazioni o posizioni contrapposte, rilevando il termine 'Compensazione' ed elevandolo a concetto filosofico con la funzione di rettificare l'eclettismo, dal quale differisce in molti punti ma con il quale possiede anche qualche affinità.
Con 'Compensazionismo' voglio intendere il riconoscimento e la valorizzazione di tutti i punti chiave delle diverse fazioni politico-religiose, ossia la verifica di quei punti base indispensabili sui quali poggiano, in concreto, le fondamenta di tutta l'opera umana, sia intellettuale che manuale; di spiegarne infine non solo la complementarietà ma anche la comprimarietà, senza discriminazioni di sorta in nessun ruolo d'esse.
Non dunque un compromesso eclettico per accontentare un po' tutti ma bensì il riconoscimento di tutte le parti indispensabili, ognuna delle quali costituisce un preciso ed insostituibile elemento di quel grande motore che è la civiltà.
Tutto ciò comporta delle regole di reciproco rispetto e collaborazione, nella consapevolezza non solo dei propri 'diritti' ma principalmente dei propri 'doveri', da ciò il superamento delle posizioni politiche estremistiche, vittima talora dell'ignoranza e dell'intolleranza di ceto, o volute a comodo per copertura di speculazioni economiche di pochi ai danni di molti.
L'idea stessa, del 'C. filosofico', mi si è ulteriormente rafforzata dopo profondi studi delle disparate fazioni, principalmente politico religiose, dove ho avuto modo di accertare errori di coerenza, causa l'incompletezza o l'inconsapevolezza delle attuali conoscenza del sapere e la pressoché totale ignoranza che il mondo, o la creazione, è in continua evoluzione (compresa la mente umana); perciò non solo di secolo in secolo ma di decennio in decennio molte cose vanno riviste, completate, ossia aggiornate adattandole non solo alle nuove realtà, ma anche alle nuove esigenze umane.
Tutto ciò, pertanto, comporta correzioni a linee ideologiche di grandi pensatori del passato, ritenuti geni del loro tempo storico, i quali anche se precursori di epoche successive, non lo sono stati in assoluto, perché uomini e come tali fallibili.
Perciò il rispetto incondizionato, o meglio, non ragionato su tali ideologie nel corso dei tempi da parte dei seguaci stessi, non è un pregio, ma bensì un difetto, che viene immancabilmente a porre le fazioni, già di per sé differenziate, a scontrarsi muro contro muro.
Se vogliamo attingere ad un progresso civile, bisogna anche, abbandonare lo sviluppo incondizionato da ciò derivato, ossia uno sviluppo che non fa calcolo sui valori dell'insieme.
E vorrei precisare che, nell'Italia attuale, 1976, gli stessi valori democratici sono faziosi ed ingannevoli, dato che la democrazia operante nella partitocrazia non chiarisce le menti e non rende sufficientemente consapevole il popolo delle sue scelte tramite il voto; pertanto una consultazione elettorale non diventa parimenti giusta scelta, nonché valida, e neanche si può considerare civile.
Da essa non può scaturire altro che uno sviluppo solo apparente, limitato e temporale che mai si tramuterà in vero progresso, con il significato di crescita ordinata nel rispetto di tutti i valori concreti validi universalmente e compresi in un determinato periodo storico.
Tutto questo per il semplice fatto che la civiltà corrisponde ad un leale confronto da cui emerge il più saggio; nella democrazia è invece, prevalentemente, scontro da cui prevale il più forte, il più scaltro, il più ricco.
Apparentemente potrebbero sembrare due punti di partenza opposti per il raggiungimento dello stesso fine; l'uno infatti parte da un selezione naturale basata sulla maturazione affidata al caso, muovendosi dal basso per salire verso l'alto, l'altro invece partendo dalla selezione del migliore acquisto attinge in altro senso le premesse per il soddisfacimento dei bisogni della società, ossia si muove dall'alto verso il basso.
Ma è proprio qui il nodo, l'errore di sempre, nessuna delle due strade è quella totalmente giusta: in ambo i lati si possono ottenere risultati positivi o negativi non sempre prevedibili, ne giudicabili a priori.
Una imprevedibilità dunque, dovuta al continuo mutare delle cose e dal continuo trasformarsi della natura.
Basterebbe così considerare che, non può esistere una verità costante, ma solo una verità 'relativo-temporale', limitata a quel determinato tempo storico e tempo geologico evolutivo della natura; o che comunque non possono esistere contemporaneamente due verità parimenti valide.
Vorrei concludere questo mi breve scritto con una definizione che non ha nulla di fantasioso: "la terra promessa ogni uomo l'ha sotto i suoi piedi e pur vivendoci sopra non l'ha mai trovata"; la troverà solo quando il suo cuore non conoscerà più odio, quando l'uomo smetterà di combattere l'uomo (homo homini lupus), cioè se stesso medesimo; quando diventerà più modesto, più umile, più consapevole, quando la sua mente si eleverà al di sopra dell'egoismo, quando insomma diventerà più saggio.
Ma se tutto questo non avverrà e la sua mente anziché progredire degenererà ancora, tutto sarà ridotto in polvere dalla distruzione di una apocalisse 'atomica'."

Nessun commento:

Posta un commento

sono gradite indicazioni su cosa vi interessa conoscere su Mario Agrifoglio